La nuova disciplina penale in materia tributaria: i reati riformati

Il legislatore vara una nuova riforma del diritto penale tributario, confermando la più parte delle scelte innovative …

La nuova disciplina penale in materia tributaria: i reati riformati

06-11-2020

Il legislatore vara una nuova riforma del diritto penale tributario, confermando la più parte delle scelte innovative contenute nel decreto legge n. 124/2019 ed i mutamenti integrano un quadro generale di maggior severità della risposta repressiva, sia per i reati a struttura fraudolenta, sia per quelli di infedeltà o di omissione dichiarativa, con un deciso potenziamento degli strumenti investigativi e cautelari, specie quelli di natura reale, per tentare di contrastare la criminalità da profitto tributario, in ossequio alle indicazioni formulate a livello europeo  ed in sede giurisprudenziale.

Tuttavia  non tornano a condizione di maggior rigore i delitti di omesso versamento delle imposte dichiarate e si aprono inattese prospettive di patrimonializzazione della responsabilità per condotte fraudolente sviluppate.

Per il delitto di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74/2000,  la pena passa a quattro anni nel minimo ed otto anni nel massimo.

L’incremento nel minimo pare orientato  a contrastare la prassi giudiziale di commisurare la sanzione finale muovendo da una pena base prossima ai minimi edittali.

Inoltre, l’incremento sanzionatorio (nel massimo) impatta  sul prolungamento dei termini di prescrizione (cfr. artt. 157, 161 c.p.) considerato l’aumento di un ulteriore terzo previsto in via generale dall’art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 per i reati da 2 a 10 del D.Lgs. n. 74/2000, anche al  netto della riforma della legge n. 3/2019.

Alla già acquisita capacità del delitto in esame di legittimare lo strumento delle intercettazioni ex art. 266, comma 1, lett. a c.p.p. oltre che le misure cautelari coercitive più severe (ex artt. 273, 274, 278, 280 c.p.p.) si aggiunge quella di avallare il fermo, al ricorrere degli altri presupposti previsti dall’art. 384 c.p.p.; misura pre-cautelare provvista, nel caso del delitto in esame, di maggior spazio di potenziale operatività rispetto all’arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.), considerato che il momento consumativo del delitto si identifica con la dichiarazione.

Il delitto previsto dall’art. 8 D.Lgs. n. 74/2000 vede accrescere il rigore sanzionatorio che eguaglia quella del primo reato (da quattro a otto anni), muovendo dalla stessa pena originaria (da un anno e sei mesi a sei anni).

Per altri delitti la scelta del legislatore si è espressa nell’incremento dei minimi edittali e dei massimi edittali, senza essere compensata dall’introduzione di ipotesi circostanziali e per alcuni di essi ciò è giustificato dalla presenza di soglie di punibilità nella struttura tipica.

Ad esempio ciò avviene nel caso del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ex art. 3 D.Lgs. n. 74/2000, le cui pene edittali salgono da tre a otto anni, così che risultano positivamente integrate le soglie edittali, da computare nel massimo, per autorizzare le intercettazioni, per le misure cautelari personali coercitive, nonché per adottare l’arresto in flagranza e, ora, anche il fermo.

Per l’occultamento o distruzione di documenti contabili ex art. 10 D.Lgs. n. 74/2000 la pena eguaglia quella del delitto ex art. 3 cit. raggiungendo le ragguardevoli soglie da tre a sette anni, con incremento significativo dei limiti edittali e, anche in questo caso, sono integrate le soglie edittali per autorizzare le intercettazioni, per emettere misure cautelari personali coercitive, nonché per adottare il fermo o l’arresto in flagranza.

Le pene dei reati di omessa dichiarazione dei  reati di omessa dichiarazione dei redditi e dell’IVA (ex art. 5 comma 1, D.Lgs. n. 74/2000) e delle ritenute da parte del sostituto di imposta (art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 74/2000) salgono nel minimo a due anni e nel massimo a cinque anni.

Si mantiene la maggior severità del delitto di omessa dichiarazione ex art. 5, comma 1 e 1 bis D.Lgs. n. 74/2000 rispetto a quello di dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, conservando la soglia di irrilevanza penale dell’imposta evasa (pari a 50.000 euro), per ciascun imposta, maturata su base annuale. Anche in questo caso sussistono le condizioni per l’emissione misure cautelari personali coercitive (artt. 273, 274, lett. c., 280, comma 1 e 2 c.p.p.), nonché l’adozione dell’arresto facoltativo in flagranza (art. 381, comma 1, c.p.p.).

Per la dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, la fattispecie penale è interessata da più interventi riformatori che aumentano i limiti edittali delle pene: viene raggiunta nel minimo la soglia di due anni e nel massimo quella di quattro anni e sei mesi.

Del tutto innovativa la previsione della causa di non punibilità ex art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 per i delitti di cui agli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 74/2000, parificati in ciò ai reati di cui agli articoli 4 e 5 D.lgs. n. 74/2000, in presenza di una serie di condizioni congiunte quale l’estinzione dei debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso e tempestivo (prima di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali).

La novità è assai consistente perché riferisce effetti premiali assai poderosi anche a condotte a spiccata struttura fraudolenta e realizza, in maniera inattesa, le condizioni della patrimonializzazione della responsabilità penal-tributaria.

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